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      Lascio che, essendo terminato il mondo, e non essendo modo di imaginare come una cosa corporea venga circonferenzialmente a finirsi ad una cosa incorporea, sarebe questo mondo in potenza e facultà di svanirsi ed annullarsi: perché, per quanto comprendemo, tutt'i corpi sono dissolubili. Lascio, dico, che non sarebe raggion che tolga che tal volta l'inane infinito, benché non si possa capire di potenza attiva, debba assorbire questo mondo come un nulla. Lascio che il luogo, spacio ed inane ha similitudine con la materia, se pur non è la materia istessa; come forse non senza caggione tal volta par che voglia Platone e tutti quelli che definiscono il luogo come certo spacio. Ora, se la materia ha il suo appetito, il quale non deve essere in vano, perché tale appetito è della natura e procede da l'ordine della prima natura, bisogna che il loco, il spacio, l'inane abbiano cotale appetito. Lascio che, come è stato di sopra accennato, nessun di questi che dice il mondo terminato, dopo aver affirmato il termine, sa in modo alcuno fingere come quello sia; ed insieme insieme alcun di questi, negando il vacuo ed inane con le proposte e paroli, con l'esecuzione poi ed effetto viene a ponerlo necessariamente. Se è vacuo ed inane, è certo capace di ricevere; equesto non si può in modo alcuno negare, atteso che - per tal raggione medesima, per la quale è stimato impossibile che nel spacio dove è questo mondo, insieme insieme si trove contenuto un altro mondo - deve esser detto possibile che nel spacio fuor di questo mondo, o in quel niente, se cossí dir vuole Aristotele quello che non vuol dir vacuo, possa essere contenuto.


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De l'infinito universo e mondi
di Giordano Bruno
pagine 166

   





Platone Aristotele