In questo modo diciamo esser un infinito, cioè una eterea regione inmensa, nella quale sono innumerabili ed infiniti corpi, come la terra, la luna ed il sole; li quali da noi son chiamati mondi composti di pieno e vacuo: perché questo spirito, questo aria, questo etere non solamente è circa questi corpi, ma ancora penetra dentro tutti, e viene insito in ogni cosa. Diciamo ancora vacuo secondo quella raggione, per la quale rispondemo alla questione che dimandasse dove è l'etere infinito e gli mondi; e noi rispondessimo: in un spacio infinito, in un certo seno nel quale ed è e s'intende il tutto, ed il quale non si può intendere né essere in altro.
Or qua Aristotele, confusamente prendendo il vacuo secondo queste due significazioni ed un'altra terza, che lui fenge e lui medesimo non sa nominare né diffinire, si va dibattendo per togliere il vacuo: e pensa con il medesimo modo di argumentare destruggere a fatto tutte le opinioni del vacuo. Le quali però non tocca, piú che se, per aver tolto il nome di qualche cosa, alcuno pensasse di aver tolta la cosa; perché destrugge, se pur destrugge, il vacuo secondo quella raggione la quale forse non è stata presa da alcuno: atteso che gli antichi e noi prendiamo il vacuo per quello in cui può esser corpo e che può contener qualche cosa ed in cui sono gli atomi e gli corpi; e lui solo diffinisce il vacuo per quello che è nulla, in cui è nulla e non può esser nulla. Laonde, prendendo il vacuo per nome ed intenzione secondo la quale nessuno lo intese, vien a far castelli in aria e destruggere il suo vacuo e non quello di tutti gli altri che han parlato di vacuo e si son serviti di questo nome vacuo.
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Aristotele
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