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      Tanto che, dove naturalmente possiamo parlare, non è mestiero di far ricorso alle matematiche fantasie. Veggiamo la terra aver le parti tutte, le quali da per sé non sono lucide; veggiamo che alcune possono lucere per altro, come la sua acqua, il suo aria vaporoso, che accoglieno il calore e lume del sole e possono trasfondere l'uno e l'altro alle circostante regioni. Per tanto è necessario, che sia un primo corpo al quale convegna insieme essere per sé lucido e per sé caldo; e tale non può essere, se non è constante, spesso e denso; perché il corpo raro e tenue non può essere suggetto di lume né di calore, come altre volte si dimostra da noi al suo proposito. Bisogna dunque al fine che li doi fondamenti de le due contrarie prime qualitadi attive sieno similmente constanti, e che il sole, secondo quelle parti che in lui son lucide e calde, sia come una pietra o un solidissimo infocato metallo; non dirò metallo liquabile, quale il piombo, il bronzo, l'oro, l'argento; ma qual metallo illiquabile, non già ferro che è infocato, ma qual ferro che è foco istesso; e che, come questo astro in cui siamo, per sé è freddo ed oscuro, niente partecipe di calore e lume, se non quanto è scaldato dal sole, cossí quello è da per sé caldo e luminoso, niente partecipe di freddezza ed opacità, se non quanto è rinfrescato da circonstanti corpi ed ha in sé parti d'acqua, come la terra ha parti di foco. E però, come in questo corpo freddissimo, e primo freddo ed opaco, sono animali che vivono per il caldo e lume del sole, cossí in quello caldissimo e lucente son quei che vegetano per la refrigirazione di circostanti freddi: e sicome questo corpo è per certa participazione caldo nelle sue parti dissimilari, talmente quello è secondo certa participazione freddo nelle sue.


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De l'infinito universo e mondi
di Giordano Bruno
pagine 166