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      Perché, indifferentemente, ogni cosa si muove o qua o là, ovunque sia il luogo della sua conservazione. E diciamo (ancor supponendo gli principii d'Aristotele ed altri simili) che, se infra la terra fusse altro corpo, le parti della terra violentemente vi rimarrebono, ed indi naturalmente montarebono. E non negarà Aristotele, che, se le parti del fuoco fussero sopra la sua sfera (come, per esempio, ove intendeno il cielo o cupola di Mercurio), descenderebono naturalmente. Vedete dunque, quanto bene naturalmente determinino su e giú, grave e lieve, dopo ch'arrete considerato che tutti corpi, ovunque sieno e dovunque si muovano, ritegnono e cercano al possibile il loco della conservazione. Tuttavia, quantunque sia vero che ogni cosa si muove per gli suoi mezzi, da' suoi ed a' suoi termini, ed ogni moto, o circulare o retto, è determinato da opposito in opposito; da questo non séguita che l'universo sia finito di grandezza, né che il mondo sia uno; e non si distrugge che sia infinito il moto semplicemente di qualsivoglia atto particolare, per cui quel spirto, come vogliam dire, che fa ed incorre a questa composizione, unione e vivificazione, può essere e sarà sempre in altre ed altre infinite. Può dunque stare, che ogni moto sia finito (parlando del moto presente, non absoluta- e semplicemente di ciascun particulare, ed in tutto) e che infiniti mondi sieno: atteso che, come ciascuno de gl'infiniti mondi è finito ed ha regione finita, cossí a ciascuno di quei convegnono prescritti termini del moto suo e de sue parti.


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De l'infinito universo e mondi
di Giordano Bruno
pagine 166

   





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