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      Una merce non si può mai scambiare con un'altra, se il lavoro che ci vuole per produrre l'una non è uguale al lavoro che ci vuole per produrre l'altra. Questa legge bisogna tenerla bene in mente, perché sopra di essa è fondato tutto ciò che verremo a dire in seguito.
      Venuta la moneta, gli scambi diretti od immediati, da merce a merce, finiscono. Gli scambi devono farsi tutti, d'ora in poi, mediante la moneta; dimodoché una merce che voglia trasformarsi in un'altra, deve, prima, da merce trasformarsi in moneta, poi da moneta ritrasformarsi in merce. La formula degli scambi, dunque, non sarà più una catena di merci, ma una catena di merci e moneta. Eccola:
     
      Merce-Moneta-Merce-Moneta-Merce-Moneta.
     
      Ora, se in questa formula troviamo indicati i giri che fa la merce, nelle sue successive trasformazioni, troviamo egualmente segnati i giri della moneta. È da questa stessa formula dunque che ricaveremo la formula del capitale.
      Quando noi ci troviamo in possesso di un certo cumulo di merci, o di moneta, che è la stessa cosa, noi siamo possessori di una certa ricchezza. Se noi a questa ricchezza possiamo far prendere un corpo, cioè un organismo capace di svilupparsi, avremo un capitale. Prendere un corpo, od un organismo capace di svilupparsi, vuol dire nascere e crescere; e infatti l'essenza del capitale è riposta appunto nella natura possibilmente prolifica della moneta.
      La risoluzione del problema (trovare il modo di far nascere il capitale) è contenuta nella risoluzione dell'altro problema: trovare il modo di far aumentare il danaro progressivamente.


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Compendio del Capitale
di Carlo Cafiero
pagine 112