Il prezzo della forza del lavoro si calcola nel modo seguente. Si prenda il prezzo dei viveri, abiti, abitazione e di quanto altro occorre in un anno al lavoratore per mantenere la sua forza di lavoro, sempre nel suo stato normale; si aggiunga, a questa prima somma, il prezzo di quanto occorre in un anno al lavoratore per procreare, allevare ed educare, secondo la sua condizione, i suoi figli; si divida il totale per 365, quanti sono i giorni dell'anno, e si avrà quanto, ciascun giorno, si richiede per mantenere la forza del lavoro, il suo prezzo giornaliero, che è il salario giornaliero del lavoratore. Se fa parte di questo calcolo anche ciò che occorre al lavoratore per procreare, allevare ed educare i suoi figli, è perché questi sono la continuazione della sua forza lavoro. Se il proletario vendesse non in parte ma in tutto la sua forza lavoro, allora, divenuto egli stesso una merce, cioé schiavo del suo padrone, i figli che egli procreerebbe sarebbero eziandio una merce, cioè schiavi, al pari di lui, del suo padrone; ma, alienando il proletario solamente una parte della sua forza lavoro, egli ha diritto a conservare tutto il resto, che si trova parte in lui e parte nei suoi figli.
Con questo calcolo noi otteniamo l'esatto prezzo della forza lavoro. La legge degli scambi, esposta nel precedente capitolo, dice che una merce non si può scambiare che con un'altra del suo stesso valore, cioè che una merce non si può scambiare con un'altra se il lavoro che ci vuole per produrre l'una non è uguale al lavoro che ci vuole per produrre l'altra.
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