Ora, il lavoro che ci vuole per produrre la forza lavoro è uguale al lavoro che ci vuole per produrre le cose necessarie al lavoratore, e per conseguenza il valore delle cose necessarie al lavoratore è uguale al valore della sua forza lavoro. Se dunque il lavoratore ha bisogno di 3 lire al giorno per tutte le cose che gli sono necessarie, è chiaro che 3 lire sarà il prezzo della sua forza lavoro per una giornata.
Ora supponiamo (e il supposto in nulla ci nuoce) che il salario giornaliero di un operaio, ricercato nel modo testé esposto, ammonti a 3 lire. Supponiamo eziandio che, in 6 ore di lavoro, si possano produrre 15 grammi d'argento, il cui equivalente è 3 lire.
L'uomo del denaro ha intanto stretto il contratto col proletario, pagandogli la sua forza lavoro al suo giusto prezzo di 3 lire al giorno. Egli è un borghese perfettamente onesto ed anche religioso, per cui si guarderebbe bene di defraudare la mercede all'operaio. Né si potrà fare l'appunto che il salario viene pagato all'operaio alla fine della giornata o della settimana, cioè dopo che egli ha già prodotto il suo lavoro; perché questo è quanto si pratica anche con altre merci, il cui valore si realizza nell'uso, come è per esempio il fitto di una casa, o di un podere, il cui prezzo si può pagare allo spirare del termine.
Tre sono gli elementi del processo del lavoro: I forza del lavoro, II materia del lavoro e III mezzo del lavoro. Il nostro uomo del denaro, dopo la forza del lavoro, ha comprato sul mercato anche la materia del lavoro, cioè bambagia; il mezzo di lavoro, cioè l'opificio con tutti gli strumenti, è bello e pronto; e, per conseguenza, altro non gli resta a fare che mettersi la via fra le gambe per dare tosto principio all'opera.
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