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      Il capitalista dunque altro non può comprare che la forza lavoro; la quale, come tutte le altre merci, ha un valore di uso ed un valore di scambio. Il capitalista paga il valore propriamente detto, che è il valore di scambio, al lavoratore per la merce che questi gli vende. Ma la forza lavoro ha pure un valore d'uso, il quale appartiene al capitalista che l'ha comprata. Ora, il valore d'uso di questa merce singolare ha una doppia qualità. La prima è quella che essa ha in comune col valore di tutte le altre merci, cioè di soddisfare un bisogno; la seconda è quella, tutta sua speciale, di creare valore, che distingue questa merce da tutte le altre.
      Dunque il salario altro non può rappresentare che il prezzo della forza lavoro. Ed il plusvalore non può essere prodotto dal capitale, perché il capitale è materia inerte, che trovasi nella merce sempre nella stessa quantità di valore nella quale ci è entrato; è materia che non ha vita alcuna e che, rimanendo da sé sola, senza la forza lavoro, non potrebbe mai averne. È la forza lavoro che solamente può produrre plusvalore. È dessa che porta il primo germe di vita al capitale. È dessa che mantiene tutta la vita del capitale. Questo, altro non fa che, dapprima, succhiare poscia assorbire da tutti i pori e finalmente pompare gagliardamente plusvalore dal lavoro.
      Le due forme principali di salario sono: salario a tempo e salario a cottimo, a fattura, od a capo, che dir si voglia.
      Il salario a tempo è quello che viene pagato per un dato tempo; come per una giornata, per una settimana, per un mese, eccetera, di lavoro.


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Compendio del Capitale
di Carlo Cafiero
pagine 112