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      Quindi ne segue una reazione simile a quella che noi abbiamo descritta a proposito del salario a tempo, senza contare che la prolungazione della giornata, anche quando il salario a capo resta costante, implica per se stessa un ribasso nel prezzo del lavoro."
      Il salario a capo è uno dei due principali appoggi del sistema già menzionato, di pagare cioè il lavoro a ore, senza che il padrone s'impegni di occupare l'operaio regolarmente durante la giornata o la settimana.
      Negli stabilimenti sottoposti alle leggi di fabbrica(16), il salario a capo diventa regola generale, perché là il capitalista non può ingrandire il lavoro quotidiano che sotto il rapporto della intensità.
      (17)
      L'aumento di produzione è seguito dalla diminuzione proporzionale del salario. Quando l'operaio produceva 12 capi in 12 ore, il capitalista gli pagava, per esempio, un salario di L. 0,25 a capo. Raddoppiatasi la produzione, l'operaio produce 24 capi invece di 12 e il capitalista ribassa il salario della metà, cioè a centesimi 12 e 1/2 al capo.
      Questa variazione di salario, benché puramente nominale, provoca lotte continue tra il capitalista e l'operaio; sia perché il capitalista se ne fa un pretesto per ribassare realmente il prezzo del lavoro, sia perché l'aumento di produttività del lavoro cagiona un aumento della sua intensità; sia perché l'operaio, prendendo sul serio quest'apparenza creata dal salario a capo (cioè che sia il suo prodotto e non la sua forza lavoro ciò che gli si paga) si rivolta contro una riduzione di salario alla quale non corrisponde una riduzione proporzionale dei prezzi di vendita delle merci.


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Compendio del Capitale
di Carlo Cafiero
pagine 112