Com'è del capitale costante, così è del capitale variabile. Il capitale variabile, quello rappresentato dal valore della forza di lavoro, cioè dal salario, si riproduce anch'esso esattamente nel valore della merce. Noi lo abbiamo già visto. L'operaio, nella prima parte del suo lavoro, produce il suo salario, e nella seconda il plusvalore. Siccome il salario all'operaio non è pagato che a lavoro finito, così avviene che egli riscuote il suo salario dopo averne già riprodotto l'equivalente nella merce del capitalista.
L'assieme dei salari pagati ai lavoratori è dunque da questi riprodotto incessantemente. Questa incessante riproduzione del fondo dei salari perpetua la soggezione del lavoratore al capitalista. Quando il proletario viene sul mercato a vendere la sua forza di lavoro, egli viene a prendere il posto assegnatogli dal modo di produzione capitalista, e a contribuire alla produzione sociale per la parte di lavoro che gli spetta, ritirando, pel suo mantenimento, quella parte dei fondi dei salari, che egli dovrà, prima, con il suo lavoro riprodurre.
È sempre l'eterno vincolo di soggezione umana, sia esso sotto la forma della schiavitù, della servitù, o del salariato.
L'osservatore superficiale crede che lo schiavo lavori per nulla. Ei non pensa che lo schiavo deve anzitutto rifare il suo padrone di quanto questi spende pel suo mantenimento: e si osservi che il mantenimento dello schiavo è talvolta di gran lunga migliore di quello del salariato, essendo il suo padrone altamente interessato alla sua conservazione, come alla conservazione di una parte del proprio capitale.
| |
|