Ma, se Ortes era profondamente attristato di questa fatalità economica della miseria, 10 anni dopo di lui, un ministro del culto anglicano, il reverendo J. Townsend, viene, con cuore leggero e perfino gioioso, a glorificarla come la condizione necessaria della ricchezza.
L'obbligo legale del lavoro" egli dice "cagiona troppa pena, esige troppo sforzo, e fa troppo chiasso; la fame al contrario è non solamente una pressione pacifica, silenziosa e incessante, ma, come lo stimolo più naturale al lavoro e all'industria, essa provoca eziandio gli sforzi più potenti." Perpetuare la fame del lavoratore è dunque il solo articolo importante del suo codice del lavoro, ma per eseguirlo, egli aggiunge, basta lasciar fare il principio di popolazione, attivissimo fra i poveri. "È una legge della natura, pare, che i poveri siano imprevidenti sino al punto da esserci sempre fra essi degli uomini pronti a compiere le funzioni le più servili, le più sporche e le più abbiette della comunità. Il fondo della felicità umana ne è così grandemente aumentato; la gente per bene, più delicata, sbarazzata da tali tribolazioni, può dolcemente seguire la sua vocazione superiore... Le leggi per soccorrere i poveri tendono a distruggere l'armonia e la bellezza, l'ordine e la simmetria di questo sistema che Dio e la natura hanno stabilito nel mondo"."
Se il monaco veneziano trovava nella fatalità economica della miseria la ragion d'essere della carità cristiana, del celibato, dei monasteri, dei conventi, eccetera, il reverendo prebendato vi trovava però anche un motivo per condannare le leggi inglesi, che danno ai poveri il diritto ai soccorsi della parrocchia.
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Ortes Townsend Perpetuare Dio
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