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      Nella sua Utopia, il cancelliere Tommaso Moro dipinge vivamente la situazione dei disgraziati colpiti da queste leggi.
      Succede" egli dice "che un ghiottone avido e insaziabile, un vero flagello del suo paese natale, si può impossessare di migliaia di iugeri di terra, circondandoli di piuoli o di siepi, ovvero tormentando i loro proprietari con tali ingiustizie da obbligarli a vender tutto. In un modo o nell'altro, per amore o per forza, essi devono sloggiare tutti, povera gente, cuori semplici, uomini, donne, sposi, orfanelli, vedove, madri con i loro poppanti e con tutto il loro avere, poveri di risorse, ma ricchi di numero, perché l'agricoltura ha bisogno di molte braccia. Essi devono rivolgere i loro passi lontani dal loro antico focolare, senza trovare un luogo di riposo. In altre circostanze la vendita dei loro mobili e dei loro utensili domestici avrebbe potuto aiutarli, per quanto poco questi valessero; ma, gettati subitamente nel vuoto, essi sono forzati a cederli per una bagatella. E quando essi hanno errato qua e là e mangiato sin l'ultimo quattrino, che possono fare altro che rubare? E allora, mio Dio, o essere impiccati con tutte le forme legali, o andare mendicando! E in questo ultimo caso li gettano in prigione come vagabondi, perché essi menano una vita errante e non lavorano, perché nessuno al mondo vuol dar loro lavoro, per quanto essi siano premurosi di offrirsi per ogni sorta di servizio." Di questi disgraziati fuggitivi, dei quali Tommaso Moro, loro contemporaneo, dice che li forzavano a vagabondare e a rubare "72 000 ne furono fatti morire sotto il regno di Enrico VIII", secondo che narra Holingshed nella sua Descrizione dell'Inghilterra.


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Compendio del Capitale
di Carlo Cafiero
pagine 112

   





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