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      Essi hanno considerato: I che la sorgente prima di ogni oppressione e sfruttamento umano è la proprietà individuale; II che l'emancipazione dei lavoratori (emancipazione umana) non può essere fondata sopra una nuova dominazione di classe, ma sulla fine di tutti i privilegi e monopoli di classe e sull'eguaglianza dei diritti e doveri; III che la causa del lavoro, causa dell'umanità, non ha frontiere; IV che l'emancipazione dei lavoratori deve essere l'opera dei lavoratori stessi. E allora una voce possente ha gridato: Lavoratori del mondo, uniamoci. Non più diritti senza doveri, non più doveri senza diritti. Rivoluzione.
      Ma la rivoluzione invocata dai lavoratori non è la rivoluzione di pretesto, non è il mezzo pratico di un momento per raggiungere un dato scopo. Anche la borghesia, come tanti altri, invocò un giorno la rivoluzione; ma solamente per soppiantare la nobiltà, e sostituire al sistema feudale del servaggio quello più raffinato e crudele del salariato. E questo lo chiamano progresso e civiltà! Tutti i giorni assistiamo infatti al ridicolo spettacolo di borghesi, che vanno balbettando la parola rivoluzione, al solo scopo di poter salire sull'albero della cuccagna, e agguantare il potere. La rivoluzione dei lavoratori è la rivoluzione per la rivoluzione.
      La parola 'Rivoluzione', presa nel suo più largo e vero senso, significa giro, trasformazione, cambiamento. Come tale, la rivoluzione è l'anima di tutta la materia infinita. Infatti, tutto si trasforma in natura, ma niente si crea e niente si distrugge, come la chimica ci dimostra.


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Compendio del Capitale
di Carlo Cafiero
pagine 112

   





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