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      La materia, rimanendo sempre la stessa in quantità, può cambiare di forma in modo infinito. Quando la materia perde la sua antica forma e ne acquista una nuova, essa fa un passaggio dall'antica vita, nella quale muore, alla nuova vita, nella quale nasce. Quando il nostro filatore, per prendere un esempio a noi famigliare, ha trasformato i 10 chili di bambagia in 10 chili di filo, che altro è avvenuto se non la morte di 10 chili di materia sotto la forma di bambagia, e la loro nascita sotto la forma di fili? E quando il tessitore trasformerà i fili in tela, che altro avverrà se non un passaggio della materia dalla vita di filo alla vita di tela, come già prima era passata dalla vita di bambagia alla vita di filo? La materia, dunque, passando da un giro di vita a un altro, vive sempre cambiandosi, trasformandosi, rivoluzionandosi.
      Ora, se la rivoluzione è la legge della natura, che è il tutto, deve anche essere necessariamente la legge dell'umanità, che è la parte. Ma v'ha sulla Terra un pugno d'uomini che non la pensa così, o, piuttosto, che chiude gli occhi per non vedere e le orecchie per non sentire.
      Sì, è vero, sento gridarmi da un borghese, la legge naturale, la rivoluzione che voi reclamate, è l'assoluta regolatrice delle relazioni umane. La colpa di tutte le oppressioni, di tutti gli sfruttamenti, di tutte le lagrime e degli eccidi che ne derivano, devesi appunto attribuire a questa inesorabile legge che c'impone la rivoluzione, cioè, la trasformazione continua, la lotta per l'esistenza, l'assorbimento dei più deboli fatti più forti, il sacrificio dei tipi meno perfetti allo sviluppo dei tipi più perfetti.


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Compendio del Capitale
di Carlo Cafiero
pagine 112

   





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