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      Se centinaia di lavoratori sono immolati al benessere di un solo borghese, ciò avviene senza la menoma colpa di questo, che ne è anzi afflitto e desolato, ma per solo decreto della legge naturale, della rivoluzione.
      Se si parla in tal guisa, niente di meglio domandano i lavoratori, i quali, in forza della stessa legge naturale, che vuole la trasformazione, la lotta per l'esistenza, la rivoluzione, si preparano appunto a essere i più forti, per sacrificare tutte le piante mostruose e parassite al completo e rigoglioso sviluppo della bellissima pianta uomo, completo e perfetto, quale dev'essere, in tutta la pienezza del suo carattere umano.
      Ma i borghesi sono troppo timorati e pii per poter fare appello alla legge naturale della rivoluzione. Essi l'hanno potuta invocare in un momento d'ebbrezza; ma, ritornati poscia in loro stessi, fatti i conti, e trovato che i fatti loro erano belli e accomodati, si sono dati a gridare a più non posso: 'Ordine, religione, famiglia, proprietà, conservazione!' E così che, dopo essere giunti, con la strage, l'incendio e la rapina, a conquistare il posto di dominatori e sfruttatori del genere umano, credono poter fermare il corso della rivoluzione; senza accorgersi, nella loro stoltezza, che altro non fanno, con i loro sforzi, che preparare orribili guai all'umanità, e a loro stessi per conseguenza, con gli scoppi improvvisi della forza rivoluzionaria pazzamente da essi repressa.
      La rivoluzione, abbattuti gli ostacoli materiali che le si oppongono, e lasciata libera al suo corso, basterà da sé sola a creare fra gli uomini il più perfetto equilibrio, l'ordine, la pace e la felicità più completa, perché gli uomini, nel loro libero sviluppo, non procederanno a guisa degli animali bruti ma a guisa di esseri umani, eminentemente ragionevoli e civili, i quali comprendono che nessun uomo può essere veramente libero e felice se non nella libertà e felicità comune di tutta l'umanità. Non più diritti senza doveri, non più doveri senza diritti.


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Compendio del Capitale
di Carlo Cafiero
pagine 112

   





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