La tolleranza che nei secoli forbiti si risolve in accidiosa indifferenza tra l'errore e la verità, e fa oggi da molti guardar come buone del pari tutte le religioni purché morali, era affatto estranea a secoli dove le pratiche religiose tenevano il primo posto nella società, dov'era profonda la persuasione che una credenza sola portasse alla salute, le altre alla perdizione. Chi però dice che la tolleranza fosse proclamata dai riformatori, mentisce, e basterebbe a sbugiardirlo questo nostro racconto. Le persecuzioni furono tra essi comuni non meno che tra i Cattolici, altrettanto fiere e più durevoli, e nelle dissensioni religiose di quel secolo si trattava solo qual parte dovesse scannare l'altra; se in Francia i Cattolici trucidare gli Ugonotti o in Inghilterra il contrario.
Anche in Valtellina si ha per costante che i Riformati si fossero giurati a fare un vespro siciliano, e ridurre alla nuova religione la valle, non lasciando razza né generazione dei Cattolici. Questo fatto potrebbe, se non giustificare, scusare almeno l'estremità dei Valtellinesi: ma è egli altrettanto vero, quanto asseverantemente ripetuto? Il Ballarini, il Tuana ed altri scrittori cattolici lo affermano; e che il governatore di Sondrio si fosse lasciato sfuggire di bocca, non andrebbe molto che sarebbero tutti d'una fede. Nelle suppliche sporte dal clero e dal popolo di Valtellina al re cattolico ed al cristianissimo si asserisce questa congiura. Possibile ardissero mentire così sfrontatamente in faccia a quelle corone?
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