I Planta dal Tirolo, il Giojero, già podestà dì Morbegno, dalla Mesolcina, piomberebbero sopra la Rezia. Tutti quei concerti insomma che al tavolino pajono immancabili, e all'atto svaniscono, lasciando chi vi credette in faccia alla nuda realtà. Disajutò gravemente quest'ordine esso Giojero, che ai 13 di quel mese valicò il San Bernardino, e sceso in val di Reno, difilò sovra Coira, presumendo con un avventato colpo dare buon cominciamento all'impresa: ma dai Grigioni respinto, sperperata quella sua marmaglia, fu mandato in fumo il tentativo.
Né però i congiurati fecero come sbigottiti e vinti al primo colpo fallito: anzi tenevano pronto armi, munizioni e bravi per un terribile domani. Ma di rado van piane queste pratiche. Il capitano Giammaria Paravicini di Ardenno, cancelliere generale ed uno dei più vivi in tale faccenda, dando nome di dover accudire a certi suoi poderi in Vacallo, terra nei baliaggi svizzeri, si era messo colà per far còlta di gente, con cui doveva, appena cominciata la strage, mozzare le strade del chiavennasco perché di là non venissero Grigioni in soccorso. Ora non so qual urgentissimo negozio lo chiamò di tutta prontezza a Milano, donde fece inteso a Giovanni Guicciardi come per ciò fosse mestieri dare al fatto l'indugio di otto giorni, finché spedito egli si fosse dagli affari per cui era partito. Quanto se ne turbasse il Guicciardi lascio a voi pensarlo, ben sapendo di qual momento sia un'ora sola nelle crisi d'un popolo come d'un malato. Spedì dunque per il Robustelli, che da Grossotto a Tirano in diligenza venuto, nella tinaja del podestà Francesco Venosta unitisi molto alle strette, si consultarono su qual partito fosse a pigliare al caso.
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