Chiavenna, sgombrata dagli Spagnuoli, fu ceduta ai Grigioni. Ma poiché questi non mandavano ufficiali che tenessero ragione, i Chiavennaschi si providero d'un governo lor proprio.
Così parevano composte le cose: ma agevolmente si conosceva che non era a durare questo assetto. Gli emuli dell'Austria, che contavano lor perdita ogni guadagno di essa, e quelli che sempre in lei videro la più pericolosa nemica dell'italiana indipendenza, la miravano troppo di mal occhio godersi alla quieta un paese così ambito, mediante il quale le era aperta l'Italia, mentre dalla Rezia poteva, per l'Alsazia e pel Palatinato del Reno, acquisto suo recente, spedire qualunque esercito nelle Fiandre ove la guerra fervea. I principi italiani ne temevano per la propria indipendenza: al duca di Savoja rincresceva che più non fosse mestieri ricorrere a lui per ottenere un passaggio ch'egli sapeva farsi pagare: ai Veneziani il vedersi rapito il frutto di un'alleanza comprata a peso di zecchini. Tutti gridavano contro gli Spagnuoli come col titolo di religione insidiassero la libertà, invadessero gli altrui possessi.
È vezzo antico degli Italiani ricorrere alla Francia nei loro pericoli, e dei Francesi il professarsi tutori delle italiche libertà. Allora pure la Francia, sollecitata dalla Savoja e da Venezia, formò una lega per la libertà d'Italia contro la casa d'Austria(77), mandò ambasciatore alla Spagna il signore di Bassompière, che prima sott'acqua poi a viso aperto, dichiarò la sua corte pronta a sostenere il trattato di Madrid, e rimettere i Grigioni in possesso della Valtellina.
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