Il papa non appariva che vi avesse avuto parte: ma pure gran gelosia ne dava alla Spagna, massimamente che franco procedeva nelle cose della Valtellina, e messala in guardia al conte di Bagno(79), aveva fatto consegnare a questo anche Chiavenna e la Riva, non comprese nel primo accordo. Non è però che il papa fosse da vero risoluto a restituirla, avvegnaché da una parte vi repugnava l'interesse suo, dall'altra una consulta di teologi, radunata a posta, lo aveva fatto certo che non poteva in coscienza rimettere i cattolici sotto gli eretici, con urgente pericolo delle anime. Ma il re cristianissimo che, vedendo la Spagna occupatissima in guerra, voleva cogliere le rose mentr'erano fiorite, e scancellare dall'Italia l'austriaco nome, intimò al pontefice che o demolisse i forti della valle, o li restituisse alla Spagna, affinché egli potesse, senza lesione delle sante chiavi, entrare ostilmente in quel paese, siccome aveva deliberato di fare per richiamare a libertà i Grigioni, e sottrarli affatto dal giogo austriaco. Si peritava Urbano cercando tempo dal tempo, e di cortesissime parole(80) confortava i valligiani, che stavano in grande ansietà di lor futuro destino.
Se non che mentr'egli la tentenna d'oggi in domani, il re francese move a soccorso dei Grigioni. Ed era tempo, giacché i Grigioni si trovavano all'ultimo tuffo. Gli Austriaci vi avevano perseguitato i Riformati, singolarmente i ministri, soffocata ogni favilla di libertà, rapite le armi. Colonie di cappuccini d'ogni lingua furono mandate: tedeschi nel Pretigau, a Tavate, a Coira: i milanesi nella Pregalia; bresciani in val Santa Maria, e ne era sostenuto l'apostolato colla forza.
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