Fors'anche bassamente connivendo al governo, al quale non giovava che peste vi fosse o si dicesse.
Intanto il male acquistava violenza. Tutto era pieno dell'imagine di varia morte: prima una palpitazione, indi letargo, spasimo, delirio e col corpo orrido di buboni e di luridi gavoccioli si trascinavano i miserabili alla tomba. I pubblici provvedimenti non bastavano alla furia del male: onde, dopo che negli spedali si erano più ammassati come cadaveri che disposti come infermi, avresti veduto per le vie, per li campi stendersi poveri giacigli di stoppie e di immondo ciarpame, o capanni di fronde e di strami, ove, malagiati di cibo e peggio di rimedi, si gettavano i miseri man mano che il morbo toglieva loro le ultime forze da reggersi in pié. Ivi persone d'ogni sesso ed età, cresciute fra gli stenti o gli agi, avvezze all'umiliazione od alla prepotenza, venivano eguagliate a dar di sé una vista d'inesprimibile compassione. Gli uni appiccavano il morbo agli altri: col crescere dei malati crescevano le miserie. Qua vedevi alcuno lacrimando trascinarsi lungo le vie in traccia di soccorsi, o almen di compassione, anch'essa venuta meno. Là bambini che s'attaccavano all'esausto seno delle madri. E da per tutto e tutto il dì un incessante trar di guai, ad ora ad ora funestamente interrotto dalle disperate strida di quei miserabili, in cui al male si aggiungeva il tedio del male, e l'aspetto dei presenti, ed il desiderio dei lontani, ed il dolore dei perduti, ed i terrori della fantasia.
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