Al clero si erano concesse amplissime facoltà; ma era un eroe chi rimanesse al posto destinatogli dalla provvidenza, quando il vivere era un'eccezione. Eppure non pochi con ispontaneo sagrifizio andavano incontro alla peste come ad un premio, non perdita ma guadagno riputando il dare la vita temporale per acquistare altrui l'eterna. I cappuccini dì e notte erano ove li chiamasse il bisogno altrui: essi ad apprestare cibi e medicine, rassettare i letti, vegliare i moribondi, con affetto più che di madre trasportarli, nettarli, profittare di quei terribili momenti che sogliono far trovare la coscienza anche ai più perduti d'anima, e mandare i morenti confortati nella speranza del perdono. In Tirano singolarmente infierì la morìa, e gli infermi si fecero collocare in un palancato attorno al tempio della miracolosa Madonna, fidando d'averne conforto al corpo o all'anima; consolati almeno di morire ove bramavano. Si erano colà fino dal 1624 stabiliti i cappuccini, e fin ad uno morirono a servigio degli appestati. Altri sottentrarono volenterosi alle loro cure, a morire anch'essi. Dare la vita per fare del bene! A queste azioni ti riconosco, o religione, che sola crei i martiri dell'amore.
A prevenire ed a curare il malore si erano dati provvedimenti quali buoni, quali superstiziosi, quali esecrabili. Sequestrare i malati, durare le quarantene, non comunicare con alcuno, portarsi in mano ruta, menta, rosmarino, aceto, una boccetta di mercurio, che si credeva assorbire gli effluvii contagiosi.
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Tirano Madonna
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