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      L'ultimo lamento il portarono a Buonaparte, generale e onnipotente della repubblica Cisalpina nel 1797, il quale, considerandosi come sottentrato nei diritti dei duchi di Milano, citò i Grigioni a scolparsene, e prima che arrivassero dichiarò la Valtellina unita alla Lombardia, colla quale poi stette al male e al bene; e con essa caduta sotto la Casa d'Austria, divenne importante anello fra i possessi di quella in Italia e i trasalpini.
      Ma senza prevenire i tempi, per allora tornarono Grigioni nell'intero possesso e, dicasi a loro lode, moderatamente. Non s'affidarono però a rimanere quelli ch'erano stati maggiori stromenti a ordire la rivolta; e il cavaliere Robustelli, primo fulmine di quella guerra, benché affidato di pace e di salute, non sofferse d'obbedire cogli altri ove agli altri aveva comandato, e alla patria, cui più non poteva giovare, disse addio con quel sentimento, con cui s'abbandona la terra che rinchiude ogni cosa più caramente amata. Non mancò chi gli applicasse il titolo che gli Italiani serbano a chi non riesce, di traditore.
      Le cose però non potevano a lungo passare di cheto fra tanto astio di sangui: e sarebbe un non finir mai il ripetere le lamentanze dei Valtellinesi perché si violassero alla scoverta le convenzioni. I Riformati, benché avessero divieto dal paese, crescevano di dì in dì: la sola piccola Mese dopo un 15 anni ne contava 50. Quattro famiglie n'erano a Tirano, tre a Teglio, altrettante a Cajolo, il doppio a Traona, nove a Sondrio, due a Berbenno, dodici a Chiavenna, altre altrove di buona parentela, a non contare gli artigiani ed i forestieri.


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Il Sacro Macello di Valtellina
di Cesare Cantù
Sonzogno
1885 pagine 160

   





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