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      Ma dietro a Tertulliano il quale diceva, che «la verità non arrossisce che del non essere conosciuta», tutti i Padri tennero che la religione non ha a temere la leale investigazione, bensì l'ignoranza e l'errore, e i maggiori santi francamente rivelarono le opposizioni. Queste provocano spiegazioni e in conseguenza luce. Che se è buono che i più credano ingenuamente perchè bevvero coi primi insegnamenti la venerazione a ciò che la Chiesa ingiunge, a molti corre obbligo di mostrare che ne esplorarono i fondamenti con quell'ossequio ragionevole che l'Apostolo raccomandava, associando scienza e discussione, esame e obbedienza.
      Noi non crediamo v'abbia reale consorzio civile là dove si opina solo, invece di credere; e il vilipendio delle idee religiose è sintomo spaventoso per l'avvenire morale d'un paese; giacchè, obliterato il senso dell'ideale, non restano che l'empirismo, e la cura di soddisfazioni inferiori, precarie, servili. Or dove l'idea religiosa illanguidì, il discuterla in pubblico al par degli affari comuni, la ravviva; dove poi si declama in contrario, mal si temerebbe che riescano di scandalo le verità dette da fedeli. Or dunque, che crescono i contatti coi dissidenti, importa di non trovarsi sprovveduti sulle differenze dogmatiche, nè credere che basti disprezzare l'attacco e maledire l'assalitore: vuolsi conoscere e propugnare le grandi verità quando l'insipienza le ingombra, la malizia le nega, la passione le stravolge.
      In tempi d'altre tirannie, quando non aveano valore sul mercato le voci di libertà, patria, nazionalità, noi ci ostinammo a ripeterle finchè divennero moda, e, com'è delle mode, se ne alterò, e fin capovolse il senso.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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