Rovato, ottobre 1865.
DISCORSO I
FONDAZIONE E STABILIMENTO DELLA CHIESA.
L'uomo era stato creato di retta intelligenza, e favorito di superne comunicazioni, ma libero e però capace di errare3. In fatto, mutando la coscienza del somigliar a Dio colla pretensione d'esser identico ad esso, peccò di superbia e disobbedienza; e il reato di quella colpa, trasmesso per generazione dal primo stipite a tutta la sua discendenza, quasi al modo che ne' rami e ne' frutti della pianta trapassa il guasto della radice, costituisce il più profondo mistero, non accettando il quale si moltiplicherebbero altri misteri. Ottenebrata allora la verità che l'uomo avea ricevuta coll'immediata intuizione di Dio e col linguaggio; venuti in disaccordo l'intelletto, la volontà e la potenza, la stirpe umana decadde dall'altezza in cui era stata costituita, e perdette la piena conoscenza del vero e la pratica del bene. Pure a queste non cessò d'esser destinato; ma, per ristabilire il rotto accordo, non basta la ragione, e richiedesi la coscienza, appoggiata sulla fede, la quale è data solo dalla rivelazione. Tale rivelazione era conservata da un popolo eletto, per tradizione orale e in libri santi. In questi promettevasi un redentore o mediatore, che ripristinerebbe la comunicazione tra l'eterna giustizia e la creatura peccatrice. Chi poteva far ciò altri che un Dio?
Giunta la pienezza de' tempi, vaticinata dai profeti, figurata in tanti fatti e tanti simboli, deposti in libri conservati da coloro che lo avrebbero più risolutamente osteggiato, Cristo figliuol di Dio nasceva da una vergine, in paese colto e ricco, a due ore dalla città più famosa d'Oriente4, nell'età più splendida di Roma, l'età dell'oro della letteratura.
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