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      Uscita dai nascondigli, la Chiesa manifestò e compì quell'organamento esterno, che durò sempre colla stabilità che essa imprime alle opere sue. Entrato nella vita civile, il clero adottò la magnificenza che parea necessaria a colpire le immaginazioni e onorar le cose sacre. Della religione bisognava ordinar l'arte, cioè il culto, moderandolo in guisa che il sentimento non trascenda, determinandone l'oggetto e i confini, acciocchè l'anima soddisfi al bisogno d'elevarsi a Dio, e di svolgere la divina idea che crede. E pel culto aggiungendo alla fede e alla scienza il sentimento, più che per la costituzione clericale, la Chiesa esercita l'apostolato civile, e, pur mettendo Iddio come unico fine, come verità da conoscere e bene da conseguire, opera tanto sull'umana società.
      Nella fanciullezza della vita morale, la Chiesa parlava men tosto col linguaggio della speculazione dogmatica, che col merito e il demerito, il premio e il castigo. Perciò bisognavano tipi, ed erano i santi, il cui culto crebbe quello di Cristo, estendendolo a coloro che meglio a lui si conformavano. Modelli di virtù parziali, variate, molteplici, erano più accessibili che non la perfezione divina, erano quasi decomposizioni dell'unico esemplare, altri tipi d'una bellezza inarrivabile. Quel culto derivava dunque necessariamente dall'amore e dalla devozione al Redentore; e ciascuno sceglievasi un protettore per virtù o meriti ed uffizj speciali; e tutti vi trovavano un ideale diverso, e lo atteggiavano artisticamente nella leggenda, nella poesia, nel disegno.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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