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      A una dottrina, che è per essenza universale, tornava indispensabile l'unità del sacerdozio, ordinato in guisa da perpetuare la rigorosa conformità di credenza nell'infinita varietà di popoli, effettuando una civiltà cattolica, cioè universale. Con questo introdusse una distinzione, ignota a Greci e Romani, quella di ecclesiastici e laici. I primi, destinati a speciale servizio divino, riceveano la missione e la dignità dal vescovo. Ogni comunità aveva un vescovo eletto da essa, e che agli altri vescovi annunziava la propria elezione con lettere pastorali, in cui faceva la professione di sua fede; gli uni agli altri partecipavansi la lista degli scomunicati, rilasciavano lettere di raccomandazione demissorie pei fedeli che dalla propria passassero in un'altra diocesi.
      E diocesi, con nome dedotto dalla nuova distribuzione dell'impero, chiamavasi il territorio su cui un vescovo avea giurisdizione.
      Al clero fu di buon'ora imposto il celibato, tantochè Nicolao d'Antiochia, eletto dagli apostoli per sovvenire ai fedeli bisognosi, fu incolpato perchè, anche dopo diacono, s'accostasse alla moglie30. Con ciò formossi una milizia, pronta a lanciarsi ne' pericoli d'ogni guisa, senz'esser rattenuta dai legami domestici, vie più forti quanto che legittimi.
      Ma il clero era poco numeroso: in ogni città per lo più un'unica chiesa e una messa o due, fino a considerare scismatica l'adunanza di fedeli dove non assistesse il vescovo: egli solo potea consacrare, sebbene nelle città maggiori, come Roma, il pane da lui consacrato fosse distribuito anche da qualch'altro prete, senza diritto però di assolvere o di scomunicare.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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