Questa monarchia elettiva e rappresentativa, accoppiava l'obbedienza perfetta dovuta al capo, benchè tolto dal popolo, colla libertà e l'eguaglianza; una gerarchia, indipendente da ogni eredità, poteva svilupparsi indefinitamente, eppure sottostava a una magistratura suprema infallibile, e tutti erano sottoposti, ma unicamente alla legge di Dio, promulgata e interpretata dalla Chiesa, alla quale Iddio disse, «Chi ascolta voi, ascolta me; pascete le mie pecore; ciò che voi sciorrete sarà sciolto, ciò che legherete sarà legato».
L'infallibilità del pontefice s'induce dalle espressioni con cui Cristo costituì Pietro fondamento della Chiesa: benchè altri opini che dalle espressioni stesse non traggasi a rigore l'infallibilità dogmatica. Questa è interpretazione di passo scritturale, e perciò non dipende da criterio privato, bensì da decisione della Chiesa; e poichè la Chiesa non la proferì, nessuna delle due parti può sentenziare d'eretica l'altra; e viviamo tutti nello stesso vincolo della carità. Se mai potesse fallare il vescovo di Roma, come parrebbe avvenisse nel caso di Onorio e di Liberio, la sua definizione non resterebbe accettata dal corpo dell'episcopato, il quale è infallibile, come infallibile chi definisce qual capo di esso.
Infallibili, i papi non sono però impeccabili. E il severo Tertulliano dicea: «Che m'importa qual sia la condotta dei prelati, purchè insegnino la verità? La verità della fede non dipende dalle persone; bensì dalla fede noi argomentiamo l'autorità delle persone».
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