Le miserie del despotismo e la immoralità dei magistrati, regj o municipali, spingeano a ricoverarsi agli ecclesiastici, che seppero mantenersi indipendenti e onorati nelle relazioni civili e nella opinion pubblica. Già nella prammatica dell'imperatore Giustiniano è stabilito: «I giudici delle provincie vogliamo siano eletti dai vescovi e dai primati di ciascuna regione, idonei e sufficienti all'amministrazione locale, e tolti dalle provincie stesse che dovranno amministrare senza donativi: la conferma ne è data dai giudici competenti». Teodorico, benchè ariano, faceva scrivere a papa Giovanni II: «Voi siete guardiano del popolo cristiano: voi col nome di padre ogni cosa dirigete; a voi la sicurezza del popolo è dal cielo affidata; a noi spetta sorvegliare alcune cose, a voi tutto; spiritualmente pascete il gregge affidatovi, nè però potete trascurare ciò che riguarda il corpo, attesochè, doppia essendo la natura dell'uomo, un buon padre le deve entrambe favorire» (a. 534).
Pertanto gli ecclesiastici non usurpavano un potere, giacchè nol toglievano a nessuno; ma lo raccoglievano dal fango dove era caduto pe' suoi eccessi: acquistavano la superiorità naturale a chi è migliore.
Quando il regime sociale annetteva la giurisdizione ai possessi di terre, dovette la Chiesa studiar di accrescere i proprj, e così collocarsi colla più alta gerarchia anche umanamente. E infatto acquistò smisurate ricchezze, sì perchè sola ordinata fra il disordine universale, sì perchè coltivava i campi meglio che nol potessero i secolari, e li garantiva coll'immunità concessa ai possessi ecclesiastici: sia perchè la devozione, e l'idea allora dominante, dell'espiazione, induceva molti a lasciare i proprj beni alla Chiesa: altri ad essa li donavano per sottrarli alla rapina signorile, ricevendoli poi da essa come livelli, o feudi, o benefizj, protetti dall'immunità ecclesiastica.
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