Pertanto il pubblico voto si pronunziava pei papi, e pei Franchi, da essi invocati. In fatto Pipino, poi Carlomagno, sostenuti dalle simpatie nazionali, facilmente abbatterono i Longobardi, e ne distrussero il regno, e restituirono al pontefice quel che già era signoria de' Greci: sicchè i papi vi ebbero non soltanto il dominio utile, ma veramente la sovranità, e dissero, «La nostra città di Roma, o di Ravenna, o di Comacchio; il nostro popolo romano», e collocaronsi fra i principi della terra.
Questa tanto bersagliata sovranità temporale de' papi non è consacrata nè nella necessità, nè nel principio, nè dentro, nè fuori da verun dogma. La fede non dice che il poter temporale sia indispensabile all'esercizio dello spirituale: pure determina questo in modo che, date certe circostanze, non può venire esercitato se non da un capo che non sia suddito di altro re; laonde, senza che facciasi luogo ad eresia, la quistione implica la necessità di scegliere tra lo spirito della Chiesa e lo spirito della rivoluzione.
Volendo i papi rintegrare la grandezza romana, sicchè non restasse più l'Italia a dominazione di Barbari, ridestarono l'impero abbattuto, da questi, e Adriano papa incoronò Carlo Magno per imperatore d'Occidente.
Così originava quella sistemazione del mondo cristiano che durò tutto il medioevo. Secondo questa, ogni autorità deriva da Dio. E Dio l'affidò al suo vicario in terra, che virtualmente rimaneva capo dell'intera umanità, raccolta nella chiesa universale, e avea dal cielo la potenza spirituale e la temporale.
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