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      Quasi non trovasse in se stessa gli elementi della propria rigenerazione, la Chiesa li domandava all'autorità secolare. Ottone Magno di Sassonia, ottenuta a Roma la corona imperiale, prestò omaggio ligio a papa Giovanni XII, confermandogli le donazioni di Pepino, di Carlomagno, e di Lodovico il Pio; poi informato de' turpi portamenti del pontefice, lo depose, e fece decretare dai prelati che spetta agli imperatori dar l'istituzione ai papi e l'investitura ai vescovi (964). Così il romano impero, rinnovellato ai tempi di Carlomagno come principio d'equilibrio politico e tutela della sociale giustizia, per le mal determinate attribuzioni veniva a collidersi coll'autorità pontifizia, e tra le violenze e la vigliaccheria, capitali nemici della libertà, l'uno perdea del carattere sacro, l'altra dell'indipendenza.
      Badie e parrocchie commendavansi a qualche secolare, cioè se gliene attribuivano i frutti, i pesi negligendo o affidando a qualche frate. Gli uomini di retta coscienza rifuggivano dai turpi maneggi, sicchè le sedi rimanevano a persone o basse o perverse; che entrate nel gregge o colla violenza di lupi o collo strisciar di serpenti, come poteano esserne vigili custodi? I vescovi che aveano ricevuta la dignità ed altre ne speravano dal principe, favorivano gl'interessi di questo; cercavano oro in ogni modo per poter con questo comprarsele, poi se ne rifaceano col trafficare delle cose sacre; doveano andar in guerra o mandare i loro uomini, e sostenere viaggi, e alla Corte sfoggiare di fasto profano; non di rado le dignità venivano in premio di umili e vergognosi servigi e fin del peccato; canoniche e monasteri, più che di cantici e litanie, risonavano di trombe, latrati e nitriti; anteposta la spada alla virtù e alla scienza, alla religione la superstizione che n'è la peggiore avversaria, come i prelati poteano più riprendere e correggere vizj, ne' quali essi erano tuffati?


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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