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      Enrico imperatore, incapricciato in tali ostilità, v'era incalorito dal favore de' prelati lombardi, lieti di veder umiliato quel che li frenava; ma quando il papa lo scomunicò, Sassoni e Turingi ritiraronsi dall'ubbidirlo, e tutta Germania applause al papa, che rappresentava la volontà e i diritti del popolo; onde l'imperatore fu costretto venir a piedi di qua dell'Alpi, ed egli, re delle spade, umiliarsi al re della giustizia, che, nel castello di Canossa presso Reggio, lo fece aspettare tre giorni in abito di penitente (1077), poi gli perdonò e l'ammise alla comunione. Presa l'ostia consacrata, Gregorio lo assolse, e appellando al giudizio di Dio se mai fosse reo d'alcuno dei misfatti che erangli imputati dagli imperiali, ne inghiottì una metà; l'altra porse ad Enrico perchè facesse altrettanto se si sentiva incolpevole. Potere della coscienza! Enrico non ardì un atto che avrebbe risolta ogni questione, e paventò il giudizio di Dio.
      Indispettito, non compunto, tese insidie al papa, e reluttò, sicchè i suoi lo deposero, e Gregorio, riconoscendo il surrogatogli Rodolfo di Svevia, ideò di far un regno dell'Italia settentrionale e media, che fosse vassallo della sede romana, come già l'erano i Normanni dell'Italia meridionale, e a questo regno restasse subalterna la Germania, invece di sovraneggiarlo com'essa allora faceva. Ma Enrico venne con buone armi, elesse un antipapa, e Gregorio VII, profugo dalla sua città, come tante volte i suoi antecessori e successori, morì a Salerno esclamando: «Amai la giustizia e odiai l'iniquità; perciò finisco in esiglio» (1089).


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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