O annichilare l'ordine politico, sublimando il papa come voleva Gregorio VII, ma vi repugnavano le costituzioni nazionali. O come propose Pasquale II, separare affatto i due ordini, isolandoli in modo che lo Stato non sorreggesse la Chiesa, nè questa illuminasse lo Stato; al che si opponevano e i costumi e gl'interessi. Non restava se non che il capo politico smettesse la nomina diretta dei vescovi e degli abbati, vigilando però sulle elezioni; e investendoli delle temporalità, in modo che fossero preti insieme e vassalli, come il tempo portava. Tal fu la transazione Calistina (23 settembre 1122), ove l'imperatore rinunziava ad investire i prelati coll'anello e col pastorale, lasciando libera l'elezione alle chiese; mentre Calisto II assentiva all'imperatore che le elezioni de' vescovi e abbati del regno tedesco si facessero coll'assenso imperiale, purchè senza simonia o violenza; l'eletto, prima d'essere consacrato, bacierebbe lo scettro col quale eragli conferita dall'imperatore l'investitura per tutti i beni e le regalie. In Italia e nelle altre parti dell'impero, l'eletto, fra sei mesi dopo consacrato, riceverebbe l'investitura.
È la prima di quelle transazioni fra il potere spirituale e il temporale, che si chiamano Concordati; e il concilio lateranese (1123), ch'è il primo universale in Occidente, la confermò; poi il secondo lateranese (1139) rinnovò la scomunica contro chi ricevesse l'investitura laicale.
In tale accordo il vantaggio restava tutto al poter secolare, perocchè l'imperatore non recedeva da alcuna delle sue pretensioni, vedevasi confermato l'alto dominio, e dirigeva le scelte.
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