Innocenzo III, uno de' pontefici più insigni per scienza e virtù, convocò il XII concilio ecumenico lateranense (1215), dove assisteano quattrocendodici vescovi, ottocento abati, ambasciadori di tutta cristianità; vi fu letto un discorso sulle prerogative del papa, e acciocchè anche i laici lo comprendessero, venne ripetuto in spagnuolo, francese, tedesco; fu esposta la dottrina cattolica contro Albigesi e Valdesi ed altri eretici, scomunicando il signore che non purga il suo paese da questi: colla parola transustanziazione si espresse il cambiamento operato nell'eucaristia: fu imposto a tutti i fedeli di confessarsi e comunicarsi almeno alla Pasqua.
Innocenzo attese a riformar la costituzione interna della Chiesa mediante lo spirito mistico con cui i Francescani operavano sulle classi basse, e i mezzi legali con cui i Domenicani difendeano la società feudale e religiosa. Onde far che le istituzioni civili non si togliessero dall'ombra del trono papale, e impedire che la società laica invadesse la ecclesiastica, volle ridurre in atto i concetti di Gregorio VII intorno alla supremazia del papa. Era allora dottrina comune ai canonisti e ai politici che tutta la cristianità gravita attorno a due centri: il papa e l'imperatore, delegati da Dio a governar le cose spirituali e temporali. Nessun altro ideale conosceasi in fatto di governo, e se ne valeano i due poteri per impedir sia le usurpazioni dell'uno sull'altro, sia le pretensioni de' baroni o de' cittadini; l'eresia al par della ribellione: due mali (dice Pier dalle Vigne) cui la Provvidenza preparò non due rimedj ma un solo sotto duplice forma: il balsamo della potenza sacerdotale e la forza della spada imperiale.
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