Pare tenessero alle opinioni manichee, ma impugnata l'autorità per appellarsi alla ragione individuale, doveano necessariamente variare in infinito: e frà Stefano di Bellavilla racconta, che sette vescovi si adunarono in una cattedrale di Lombardia, per accordarsi sugli articoli di loro fede; ma non che riuscire, si separarono scomunicandosi reciprocamente. Un libro depositario di loro credenze non ebbero: in coloro che li confutano e negli storici che raccolsero dal vulgo, li troviamo imputati di colpe le più contraddittorie; or proclamando creatore Iddio, ora il demonio; ora facendo Iddio materiale, ora riducendo Cristo stesso a null'altro che ombra; chi fa ammettere alla salute tutti i mortali, chi escludere le donne dall'eterna felicità; chi semplificare il culto, chi ordinare cento genuflessioni il giorno; chi licenziare alle voluttà più grossolane, chi riprovare persino il matrimonio82.
Quanto alla Lombardia, tre sètte primeggiavano: Catari, Concorezj, Bagnolesi. I Catari (si dicevano anche Albanesi, vulgare corruzione probabilmente di Albigesi) venivano suddivisi in due parzialità; alla prima era vescovo Balansinanza veronese, all'altra Giovanni di Lugio bergamasco. I primi dicevano eterno il mondo; i patriarchi ministri del demonio; un angelo aver portato il corpo di Gesù Cristo nell'utero di Maria, senza che ella v'avesse parte; solo in apparenza egli esser nato, vissuto, morto, risorto. Gli altri tenevano che le creature fossero state formate quali dal buono, quali dal tristo principio, ma ab eterno; la creazione, la redenzione, i miracoli erano accaduti in un mondo diverso dal nostro; Dio non essere onnipotente, perchè nelle opere sue può venir contrariato dal principio a sè opposto; Cristo aver potuto peccare.
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