Vittore di Andezzeno prese un boccone di pane, e le disse: «Credi che questo sia il più gran sacramento, e che questo pane è superiore all'eucaristia e agli altri sacramenti amministrati dai preti?» Essa rispose di sì, poi giunte le mani, prese con devozione, baciò e si pose in bocca quel pane. Essi le tirarono sopra il capo le coltri, in cui giaceva, e il domani fu trovata morta.
Ad altre congreghe assistette in Chieri, in casa di Berardo Rascherio, il quale diceva le stesse cose, e che Dio non nacque, nè morì, nè fu sepolto; che Maria non restò vergine; che, morto il corpo, è morta l'anima; poi seguivano il pane, la bevanda, il giuramento del secreto, e lo spegner dei lumi, e il mescolarsi per un'ora o due.
Da venti volte egli fu in Moncalieri, in casa di Elena scarpolina, ed erano moltissimi i settarj, ch'esso enumera, e che andavano a pochi per volta. Così a Candiolo, a Podrovarino, a Trana, a Sangano, ove Giacomo Doo ripeteva il pane essere il maggior sacramento, e doversi adorare il dragone ch'è più potente di Dio; purgatorio non v'è che in questo mondo; poi s'estinguevano i lumi e «chi ha tenga». A Giaveno, Ciaberto predicava le solite cose, e Cristo non essere stato concetto di Spirito Santo; e i precetti della Chiesa non legano le anime nè obbligano di colpa o pena qualunque, nè è peccato lavorare la festa, mangiar carni in vigilia o in sabato; Dio non può essere nel sacramento dell'altare; tutte le cose visibili sono create dal demonio; e così via. Supponeva che tutti quelli del vicino Balangero sono Valdesi e di siffatta credenza, come udì più volte rinfacciarglielo quei di Giaveno.
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