La Chiesa non vi si era opposta; solo avvertì che v'ha dei limiti insuperabili, e vigilava che l'orgoglio non urtasse il dogma. Alcuni vollero trascenderli, e ne nacquero gli errori de' Nominalisti e de' Realisti, lo scetticismo d'Abelardo, il panteismo di Amalrico di Chartres. La Chiesa condannò questi abusi della dialettica, eppure lasciolla applicare alla teologia.
Allora rinacquero gli abusi della sofistica greca. Il minuzioso speculare, disgiunto dall'applicazione, dalla sperienza, dall'erudizione, da ogni bellezza; il sillogizzare non tanto per raggiungere la verità, quanto per uniformarsi a certe regole, o per avviluppare gli avversarj; il puntigliarsi in frivole distinzioni fin di sillabe, congiunzioni, preposizioni, e innestare alla logica quanto di vano comprendevano la grammatica e la geometria, colla presunzione di dimostrare ogni cosa, perfino i contrarj; insomma l'assumere la disputa per iscopo, non per mezzo, e confondere il metodo colla sostanza, faceva invanire e delirare nella presunta onnipotenza della dialettica, e separava la teologia speculativa dalla pratica, l'argomentatrice dalla mistica. La Bibbia diveniva un arringo di disputazioni, secondo che gli uni vi rintracciavano il senso letterale, altri l'allegorico, altri il mistico. Che cosa faceva, e dove stava Iddio prima di creare? se nulla avesse creato, qual sarebbe la sua prescienza? v'ha tempo in cui egli conosca più cose che in un altro? potè egli fare le cose in altro modo da quel che le fece? e che non sia ciò che è? e, per esempio, che una meretrice sia vergine?
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