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      Federico Barbarossa, tenuto congresso a Verona con papa Lucio III nel 1184, ordinò ai vescovi104 d'informarsi per sè o pei loro delegati delle persone accusate d'eresia, distinguendo i convinti, i pentiti, i ricaduti; quelli convinti sieno spogliati dei benefizj se religiosi, e abbandonati al braccio secolare; i sospetti si purghino, ma se ricadano, vengano puniti senz'altro. Federico II, al tempo della sua coronazione fulminò pene temporali contro gli eretici, e le ripetè da Padova con quattro editti, ove, «usando la spada che Dio gli ha concesso contro i nemici della fede», vuole che i molti eretici ond'è singolarmente infetta la Lombardia, sieno presi dai vescovi e dati alle fiamme ultrici, o privati dell'organo della lingua.
      È questa la prima legge moderna di morte contro i miscredenti: e veniva da un re accusato di enormi eresie dai contemporanei, e dai moderni offerto modello di liberalismo antiecclesiastico. Egli stesso fece da papa Onorio III rimproverare le città lombarde per averlo impedito di procedere, come si era proposto, contro l'eresia105: all'arcivescovo di Magdeburgo, legato in Lombardia, impose di usar il massimo rigore106; e l'ordinò nelle Costituzioni del regno di Sicilia, dolendosi, che dalla Lombardia, ove n'era il semenzajo, i Patarini fossero largamente penetrati in Roma e perfino nella Sicilia107 e a perseguitarli spedì l'arcivescovo di Reggio e il maresciallo Ricardo di Principato. Nè men severi editti fece Ottone IV108; da cui Giacomo vescovo di Torino, sgomentato109 dell'aumentarsi de' Valdesi fra le Alpi, ottenne ampia facoltà di espellerli dalla sua diocesi110. Sull'esempio e coll'autorità dei decreti imperiali, le varie città emanarono statuti contro gli eretici.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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