Da questi mali volendo Innocenzo III sbrattare la vigna di Cristo, spedì monaci a predicare, esortando i principi a secondarli; e quando Ranerio e Guido inquisitori avessero scomunicato uno, i signori doveano confiscargli i beni e sbandirlo, e far peggio a chi resistesse. Di qui cominciò la crociata contro gli Albigesi, che non è da questo luogo il raccontare, ma dove la religiosa serviva di mantello alla quistione di nazionalità. La Francia, smaniando ottenere quell'unità, che molti agognano oggi a qualsiasi costo anche per l'Italia, voleva sottomettere la Provenza e la Linguadoca, che avvezze alle romane, repugnavano dalle ordinanze germaniche del paese settentrionale, e quell'occasione sembrò opportuna. La spedizione fu segnalata dagli orrori delle guerre civili e dello stato d'assedio, ma solo gli adulatori dei re potrebbero riversarne ogni colpa sul papa e sulla religione. Oggimai la storia accertò che Innocenzo, mal informato delle iniquità commesse da ambe le parti, non avea mai cessato di predicar pace e moderazione, e dopo che i crociati ottennero vittoria, spedì legato a latere il cardinale Pietro di Benevento, affinchè riconciliasse colla Chiesa gli scomunicati, e riducesse Tolosa a repubblica indipendente, purchè convertita dagli errori anticristiani e antisociali; assolse i capi dell'insurrezione, e al figlio di quel Raimondo da Tolosa ch'era stato principale capo della guerra, prodigò consolazioni, assegnò il contado Venesino, Beaucaire e la Provenza, e ripeteva: «Abbi pazienza fin al nuovo concilio».
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