Altri in Piacenza bruciò il podestà Raimondo Zoccola; sessanta a Verona frà Giovanni da Schio in tre giorni, subito dopo aver riconciliate le osteggianti città italiane nella famosa pace di Paquàra.
Nè il Napoletano mancava d'eretici, ed è probabilmente come protesta contro le costoro predicazioni che un eremita calabrese andava attorno gridando nel dialetto patrio: Benedittu, laudatu e santificatu lu Patre; benedittu, laudatu e santificatu lu Filiu; benedittu, laudatu e santificatu lu Spiritu Santu126. Dal registro angioino a Napoli si trassero dianzi due diplomi: coll'uno del 1269, dato da Orvieto il penultimo di maggio, Carlo d'Anjou scrive ai conti, marchesi, baroni, podestà, consoli, conti, e chiunque abbia potere e giurisdizione, esortandoli che, venendo i frati Predicatori di Francia come inquisitori in Lombardia e in altre parti d'Italia, per investigare gli eretici e quelli che per eresia dalle terre di Francia fuoruscirono, vogliano ajutarli in tal ricerca, e renderli sicuri.
Coll'altro ai giustizieri, balii, giudici, maestri giurati ed altri ufficiali e fedeli nel regno di Sicilia annunzia che frà Benvenuto dell'ordine de' Minori, inquisitore, mandava i familiari suoi Regebato e Jacobuccio a prendere alcuni eretici dimoranti nel suo regno: perciò a loro requisizione vogliano coglierli, coi beni stabili e mobili, e custodirli in luogo sicuro; i beni fedelmente conservino a utile della curia reale; e di quanto staggiranno facciano fare quattro istromenti simili, di cui uno terranno essi, uno daranno al depositario, un terzo alla camera reale, il quarto ai ragionieri della gran curia.
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