Ma mentre il vulgo ufficiale e scribacchiante diguazzava tra quel fango, i meglio pensatori e scrittori d'Italia s'elevarono a rivendicare il vero, e a presentare in Dante il poeta iracondo, accannito contro Bonifazio VIII personale nemico della sua fazione, indignato contro gli abusi della Corte pontifizia, allora oppressa dalla demagogia e dai re, ma pur sempre riverente alle somme chiavi, e attaccato a quella fede, che in Roma ha il centro e gl'interpreti legittimi.
In relazione a quanto sponemmo nel capitolo precedente, noteremo come l'inclinazione al misticismo fosse comune a Dante e a' suoi amici, malgrado lo studio della filosofia e delle scienze naturali e della politica: Dante sta a meditare sul sasso rimpetto a Santa Riparata: Cavalcante fra gli avelli di Santa Maria Novella cerca se si trovasse modo di negare Dio. Per Dante la filosofia era una scienza che vede tutto in Dio, tutto da lui deriva e a lui riferisce; indaga il volere e la parola di Dio; nella natura egli vede simboli del soprannaturale: sotto tale aspetto guardò Beatrice «vestita di gentilezza, d'amore e di fede»184, col che seguiva l'andazzo del suo tempo, l'educazione ricevuta, la complessiva tendenza della mente e dell'animo. Giovane, pensa farsi frate, e muore con la cocolla di frate: al par de' Fraticelli rimprovera i papi che si danno al lusso e alle cure mondane. E già nella Vita Nuova vedesi la trasformazione di Beatrice in simbolo, finchè nella Commedia quest'amor suo è convertito in desiderio beatifico della somma verità che lo conduce a Dio, attraverso la contemplazione de' tormenti e dell'espiazione.
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