La scienza dimostra quello che tu pensi, che porti chiuso in mano. Perchè così in fatto suppone, e con le parole nega. Nè scusato debb'essere dicendo che crede non essere contro la fede pigliare il tempo, eleggere guerra, e simile; che sarebbe una ignoranza molto grossa, anzi un'opinione eretica. Il dire ancora i suoi scritti essere stati corretti per il detto inquisitore di Bologna, questo non è vero nè verosimile, anzi contrario, come apparisce per le proprie lettere dello stesso inquisitore. E posto che fussino corretti, egli se n'è servito ne' casi dove sono i maggiori errori. Nè debbe scusare che in fine delli detti scritti esprime che, se in quelli fossero alcune cose non ben dette, di rimettersi alla cognizione della santa Madre Chiesa; perchè in quella si sono trovate espresse eresie, scritte dopo aver giurato; e basta che una sola volta abbia ingannato la Chiesa; perchè questa protestazione è indirettamente contraria al fatto stesso, e l'aggrava maggiormente. E siccome non possiamo nè dobbiamo passare tali e tante cose fatte per lo detto maestro delli errori, in dispregio dell'Eterna Maestà e per lesione della fede cristiana, considerata la sentenza data per frate Lamberto contro di lui, e il giuramento ch'esso fece, e la penitenza che ricevè, della quale non si curando, dice non si ricordare; e viste le altre cose che dal medesimo inquisitore abbiamo ricevuto, e udito i testimonj e le sue confessioni, e datoli il termine per finirle, e scusarsi; e poichè nè fece alcuna scusa, nè fare procurò, e, nel giorno che seguiva detto termine, quelle raffermò di sua spontanea volontà, e disse di nuovo essere vere; conferita la cosa con prelati, e molte altre persone e dottori di legge, e consigliandoci doversi procedere alla sentenza, come cascato nella pena dell'inosservanza del giuramento dato di non attendere più all'eresia, e avuto sopra le predette cose nuovo parlamento con più e diverse persone, religiosi teologi, e con altri tanto chierici che laici, pronunziamo il detto maestro Cecco, eretico costituito in nostra presenza, essere cascato nell'eresia, nella quale con giuramento aveva già promesso di non cascare, e pertanto doversi dare e concedere al giudizio secolare.
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