E così lo concediamo al nobile milite messer Jacopo di Brescia, con onore ducale vicario fiorentino, presente e accettante dell'ill.mo Cecco, per punirlo con la debita pena. E ancora il libro composto sopra la sfera, pieno di eresie e d'inganni; e un altro libro in volgare nominato l'Acerba (dal qual nome ne segue, che non contiene in sè maturità alcuna, presupponendovi che molte cose che appartengono alla virtù e ai costumi nascono dalle stelle, e a quelle ritornano come a loro cause) e riprovando tutti i suoi ammaestramenti, senza dottrina composti, e dannando diversi, ordiniamo di abbruciare con detto Cecco. E così ordiniamo e comandiamo.
La condanna di Cecco non fu dunque per magia e astrologia: del che troppe persone erano macchiate allora, eppur teneansi a servizio da Comuni, da principi, da prelati. Bensì per eresie, e per esservi ricaduto dopo la promessa. E per verità, studiando l'opera di Cecco, vedesi ch'egli mirava a un innovamento della scienza, e per mezzo di questa, a un innovamento della vita nell'intelletto, nella morale, nella religione, e a ciò adoprava l'insegnamento, la conversazione, i libri. La scienza sua nuova consisteva nella necessità universale e nell'antivedere; le intelligenze erano le cagioni; loro organi le stelle; ogni cosa sotto la luna aver effetti necessarj; tutto esser fatato. L'uomo però, mediante la scienza, può costringere le intelligenze a palesargli il futuro. Perchè questa nuova scienza prevalesse, bisognava aver distrutta la verità razionale e la rivelata; e Cecco lo faceva con una fermezza, che non si smentì neppur davanti al rogo.
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