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      E tanto più che, cessando i vantaggi, non cessavano gli sconci; e i papi continuavano guerre per sottomettere popoletti riottosi o signorotti ribellanti. Mentre le spese della Corte aumentavano, le rendite d'Italia andavano facilmente distratte: i regni stranieri ricusavano pagare i censi che sarebbero caduti a vantaggio della Francia; sicchè la curia per ripiegare si riservava benefizj e annate, moltiplicava commende e aspettative, e gli altri artifizj di fare denaro. La cattolicità poi non riguardava come abbastanza tutelata la necessaria indipendenza del suo Capo, dacchè esso viveva in una città, libera sì, ma chiusa fra dominj altrui.
      Roma principalmente non sapea darsi pace di tale vedovanza; sossoprata a vicenda da una plebe irrequieta e da una faziosa feudalità, più non aveva amministrazione, non giustizia; i palagi cadeano in ruina; le chiese deserte si sfasciavano; il culto isquallidiva. I Romani volgean dunque la memoria e il desiderio alle antiche magnificenze, e Cola di Rienzo, fattosi tribuno del popolo, si propose di richiamare i papi a Roma, e ripor questa a capo del mondo civile. Sono note le scene sue, tra fiere e buffe; ripetute poi tante volte e in sì varj toni, che non si osa nè riderne, nè vituperarle. Fatto è che, elevato un momento dall'aura popolare, e con altrettanta prestezza abbandonatone (1347), dopo repressi i nobili, citati i re e fino l'imperatore a venire a ricevere i decreti del popolo romano, a stento fuggì a cercare ricovero tra i Fraticelli di Monte Majella.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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