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      Le baruffe invelenivano ancora più dacchè i papi, non risentendone gl'incomodi, poco curavano sopirle. I papi stessi sentivansi fuori di posto in una terra dove vestivano aspetto d'un esule ricoverato, piuttosto che di sovrano dei re; e dove prelati quasi tutti francesi davano alla Corte un'aria nazionale, ben diversa da quella cosmopolitica che soleva in Roma. Più volte dunque proposero di ritornare, ma o nol fecero, o per breve, e solo dopo settantun anno e tre mesi la santa sede fu restituita di Francia in Italia.
      Queste miserie diedero nuova scossa alla maestosa unità cattolica, preponderante nel medioevo. Se gl'Italiani favorivano alla Santa Sede pel vantaggio che ne traeva il loro paese, eransene intepiditi dacchè quella esulava; e gli stranieri trovavano più oneroso questo migrare di tanto loro denaro a paese che non era considerato seconda patria di tutti come Roma. I vescovi dall'assenza del papa pigliavano esempio per allontanarsi dalle loro diocesi. La contesa coi frati Minori aveva resa ostile alla Santa Sede la milizia sua più devota; e al vedere condannate persone pie, cui sola colpa dicevasi l'eccesso della povertà, si richiamavano le declamazioni d'Arnaldo di Brescia contro i possessi ecclesiastici e la corruttela derivatane. Le nazioni eransi formate attorno ai vescovi, donde l'assoluto potere ecclesiastico, come di padre sopra i figliuoli. Costituitesi, ingrandite, vollero svilupparsi dalle fasce della Chiesa per vivere di vita propria, compresero che il temporale potea sussistere disgiunto dallo spirituale: onde alla società senza limite di spazio surrogavano società parziali e distinte, all'andamento generale le particolari destinazioni.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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