I Padri s'accinsero a quest'ultim'opera senza preciso concetto di quel che volessero operare, nè de' limiti dell'autorità propria e di quella che pensavano restringere; denunziarono un dopo l'altro gli abusi parziali, senza proporre un rimedio radicale. Da principio, non che attenuare la sovranità papale, sanzionossi il Decreto di Graziano che la sublimava, i cinque libri delle Decretali di Gregorio IX, forse anche il sesto di Bonifazio; solo si tolsero ai papi le riserve, il diritto di provvisione, e quello di mettere imposte sulle chiese. Ma poi guidato a passione, il concilio pensò non solo scemare la potenza papale come quel di Costanza, ma sostituirvi la propria.
Vedendolo condursi con quella precipitazione, che sgomenta ogni autorità dirigente, Eugenio sospende il concilio. I Padri, non gli badando, citano lui pontefice, incolpandolo di disobbedienza; poi calata la visiera, dichiaransi ad esso superiori, nè potere esso scioglierli, nè traslocarli203.
Allora, accannitisi alla riforma della Chiesa, mozzano assai diritti curiali; determinano le forme dell'elezione del papa, e il giuramento che deve prestare; restringono le concessioni ch'e' può fare ai parenti; limitano i cardinali a ventiquattro, e ne escludono i nipoti.
Quel che di buono vi si trovava indubbiamente, era guasto dall'incompetenza e dalla smoderatezza; del che rimproverandoli, Eugenio trasferiva il concilio a Ferrara (1438). Ma dei Padri solo due ed il legato si mossero, gli altri continuarono a cincischiare la giurisdizione di Roma; anzi dichiararono scismatica l'assemblea di Ferrara, Eugenio eretico e decaduto, surrogandogli Amedeo VIII duca di Savoja, il quale accettò l'uffizio d'antipapa col nome di Felice V (1439). Così rinnovavasi lo scisma.
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