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      Un tale despotismo, più robustamente attuatosi nei Turchi, represse la coltura degli Arabi a tal segno, che più non ne serbano nè impronta nè ricordo i Musulmani. Nella cristianità invece si riverirono e usufruttarono i loro dotti e pensatori, e massime Averroè, vissuto verso il 1180, e che fece quel Gran Commento, pel quale si disse essere stata la natura pienamente interpretata da Aristotele; Aristotele pienamente da Averroè.
      Gli Arabi, dopo ricevuta la rivelazione di Maometto, aveano cominciato le dissensioni teologiche dall'eterna quistione del libero arbitrio e della predestinazione (Kadariti e Giabariti), donde passarono a quella sugli attributi di Dio. Ma anche fra loro v'avea degli scettici; v'avea degli increduli; vacillavasi tra l'entusiasmo religioso e il libero pensare: e quel che fra noi la Scolastica, fu fra essi il Kaläm, discussioni razionali sia per esaminare, sia per difendere colla dialettica i dogmi attaccati. In tali esercizj la filosofia araba ampliò i problemi de' Peripatetici, e accolse l'eternità della materia e la teorica dell'unicità dell'intelletto.
      E appunto la filosofia di Averroè s'appoggia sul panteismo; una sola essere l'anima, e Dio essere il mondo. La generazione (secondo lui) non è che un movimento. Ogni movimento suppone un soggetto. Questo soggetto unico, questa possibilità universale è la materia prima. Essa è dotata di ricettività, ma di nessun'altra qualità positiva, cioè può ricevere le più opposte modificazioni; materia prima, senza nome nè definizione; semplice possibilità. Ogni sostanza è dunque eterna per la sua materia, cioè perchè può essere.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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