Pertanto egli sprezza affatto gli Arabi, e specialmente la loro medicina, a cui s'innestavano l'astrologia e l'incredulità, ed esortava a schivar tutto quanto derivasse da quella nazione216. E poichè alcuni diceano che noi potremmo eguagliare, e forse sorpassare i Greci e tutte le nazioni, eccetto gli Arabi, esclamava: O infamis exceptio! o vertigo rerum admirabilis! o italica vel sopita ingenia, vel extincta!
Per questo sentimento e pel religioso egli professavasi ostilissimo ad Averroè, e si piangeva che non ottenesse nome di dotto e filosofo chi non aguzza la lingua e la penna contro la religione; chi non va per le strade e per le piazze disputando sugli animali, e così mostrandosi animale. Più uno accannisce contro la religione, più a' costoro occhi è ingegnoso e dotto: ignorante chi la difende. «Per me (soggiunge) più sento denigrare la fede di Cristo, più amo Cristo e mi confermo nella sua dottrina, come un figliuolo, di cui la tenerezza filiale si fosse raffreddata, la riscalda se ode attentarsi all'onor di sua madre». Soleano essi (dice altrove) porre in mezzo qualche problema aristotelico, o sulle anime; ed io tacere, o celiare, o avviar tutt'altro discorso, o sorridendo chiedere come mai Aristotele avesse potuto saper cose, dove non val la ragione, dov'è impossibile l'esperienza. Essi stupivano, e in silenzio indispettivansi, e guardavanmi come un bestemmiatore.
Uno di costoro, «i quali pensano esser da nulla se non abbajano contro di Cristo e della sovrumana sua dottrina», andò a trovare esso poeta a Venezia, e lo cuculiava perchè avesse citato quel detto dell'apostolo delle genti: Io ho il mio maestro, e so a chi credo; e, «Tienti il tuo cristianesimo, io non ne credo acca; il tuo Paolo, il tuo Agostino e cotest'altri ebber ciarle e nulla più; e deh! volessi tu legger Averroè, che vedresti quanto ei sorvola a cotesti tuoi buffoni». Il Petrarca se ne stomacò, e tutto dolce ch'egli era, prese pel mantello e mise fuor di casa il temerario217.
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