Dapertutto insomma arte pagana in soggetto sacro, alla guisa che sul suo sepolcro in una chiesa sorgono Apollo e Minerva, fauni e ninfe.
Girolamo Vida, dotto e santo vescovo di Cremona, che digiunava spesso a sole radici, nella Poetica non parla che di Muse e Febo e Parnaso, come i classici di cui raccozzava gli emistichi, e ai quali, principalmente a Virgilio, prestava un culto da Dio:
Te colimus, tibi serta damus, tibi thura, tibi arasEt tibi rite sacrum semper dicemus honorem.
Nos aspice præsens,
Pectoribusque tuos castis infunde caloresAdveniens pater, atque animis te te insere nostris.
Come in un poema sul giuoco degli scacchi, alle nozze dell'Oceano colla Terra fa gareggiare Apollo e Mercurio; cosė usa nella Cristiade, dove applica a Dio Padre tutti i nomi di Giove, regnator Olympi, superum pater, nimbipotens; del Figlio fa un eroe, sul tipo di Enea; multis comitantibus heros - immobilis heros orabat - curis confectus tristibus heros - ipse etiam (il cattivo ladrone) verbis morientem heroa superbis stringebat: Gorgone, Erinni, Arpie, Idre, Centauri, Chimere, spingono gli Ebrei al deicidio: all'ultima cena viene consacrato fior di Cerere: sulla croce al morente č porto tristo umor di Bacco (sinceram Cererem - corrupti pocula Bacchi). L'uomo soffrente sul Calvario non č il Dio riparatore, e allo spirare suo, non che l'alito d'amore si difonda sulle ire procaci, gli angeli vorrebbero farne vendette: sempre insomma dal Cristo, redentore dello spirito immortale, volgea gli occhi all'Apollo, tipo di bellezza corporea.
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