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      Così per quindici secoli non si era avuto che un idioma per favellare a Dio, una sola autorità morale, una sola convinzione; tutta Europa alla stess'ora, il giorno stesso, colle stesse parole supplicava, aspirava, esultava.
      Ora invece scomponevasi l'intima società col surrogare alla fede il raziocinio, alla credenza assoluta le religioni comparate; inoculando il dubbio corrompevansi i costumi, e i costumi riagivano sopra le credenze. Ciò appare in tutti gli scrittori, e principalmente in Nicolò Macchiavello e Francesco Guicciardini. Quest'ultimo guarda all'esito, non mai alla giustizia d'una causa: le peggiori iniquità racconta colla freddezza d'un anatomico; vede o arguisce sottofini e cattive intenzioni dapertutto, nè mai riconosce virtù, religione, coscienza, bensì calcolo, invidia, ambizione; fatto ironico, forse per dispetto degli uomini e degli eventi, affetta un'imparzialità che in fondo è indifferenza tra l'onestà e la ribalderia. I papi non solo esamina e giudica al modo degli altri principi, ma sempre li trova in torto, gli accagiona di tutti i mali d'allora; eppure li servì; e diceva: «Il grado che ho avuto con più pontefici m'ha necessitato ad amare per il particolare mio la grandezza loro; se non fosse questo rispetto, avrei amato Lutero quanto me medesimo, non per liberarmi dalle leggi indotte dalla religione cristiana nel modo ch'è interpretata e intesa comunemente, ma per veder ridurre questa caterva di scellerati a' termini debiti, cioè a restare o senza vizj o senza autorità»246.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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