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      Eppure sarebbe stata questa, nelle idee d'allora, una vera servitù, una conquista, un uccidere l'autonomia a cui aspiravano i singoli popoletti; lo perchè tale politica era detestata dai migliori italiani. E sempre vi si erano opposti i pontefici, vedendo come il rinnovare un regno d'Italia al modo dei Goti e dei Longobardi non solo avrebbe mozza la loro sovranità, ma avvilita tutta Italia. Dell'essere stati operosissimi a impedir questa tirannide comune sopra l'Italia, il Machiavello imputava i pontefici. Ma non che altri, lo riprovava Francesco Guicciardini, riflettendo che l'Italia fu corsa a lor posta dai Barbari quando era sotto al dominio unico degli imperatori; che dalle sue divisioni trasse forse gravi mali, ma n'ebbe in compenso una straordinaria floridezza; che gl'Italiani, per abbondanza d'ingegno e di forze furono sempre difficilissimi a ridursi a unità anche quando Chiesa non v'era; che col conservare l'Italia in quel tenore di vita che s'addice alla sua natura e alla sua antichissima consuetudine, anzichè male, avea fatto bene la Chiesa romana253.
      Per far l'Italia il Machiavelli ricorreva, al solito, agli stranieri; non accorgendosi come i papi fossero la sola potenza che valesse a salvarne l'indipendenza, desiderava che i Francesi gli umiliassero, sollevando i baroni contro di essi in modo che o gl'insultassero come sotto Filippo il Bello, o li chiudessero in Castel Sant'Angelo; nè esser quelli «così spenti che non si potesse trovar modo a raccenderli»254; e a' suoi Fiorentini scriveva come si pensasse dai Francesi invadere Roma, il che «sarebbe da desiderare, acciocchè ancora a codesti nostri preti toccasse di questo mondo qualche boccone amaro»255. Ma della riforma religiosa non ebbe verun concetto; trattò il cristianesimo non altrimenti che il paganesimo, adattandolo a religione civile, siccome leggeva in un frammento di Varrone; col che giustificava l'intolleranza.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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